Imballaggio alimentare
Food packaging: sfide e consigli creativi
L’industria alimentare e il mondo della ristorazione (Horeca) sono business in cui si sperimenta un’agguerrita concorrenza. Il food packaging (etichette, imballaggi, contenitori per il consumo diretto, bottiglie) costituisce un fondamentale strumento di marketing per conquistare il consumatore su uno scaffale affollato o su internet, e per riuscire a richiamare sempre la sua attenzione dopo averlo convinto a un primo acquisto. Deve però anche informare, istruire e, oggi, promuovere comportamenti eco-sostenibili. Abbiamo raccolto alcuni insight per i professionisti del comparto alimentare su trend del mercato e informazioni obbligatorie che si trasformano in opportunità.
In questo articolo
Il packaging è un formidabile strumento di marketing per qualunque prodotto, questo è noto, ma nel settore del cibo e delle bevande svolge un ruolo ancor più strategico.
Chi è alla ricerca di informazioni e soluzioni di food packaging appartiene al comparto dell’industria alimentare o al settore Horeca, i professionisti della somministrazione di alimenti.
Alle aziende di produzione si sono infatti aggiunti ristoranti e addetti allo street food.
L’esplosione del consumo di cibo takeway e della formula del delivery, aiutati anche della recente pandemia di COVID 19, ha reso necessario per quasi tutti i ristoratori la creazione di confezioni per l’asporto che non svolgessero la semplice funzione di conservazione e protezione del cibo, ma che sapessero trasmettere l’atmosfera e il profumo del loro locale e della loro proposta culinaria.
A parte la materia prima trattata, ristorazione e industria alimentare hanno infatti esigenze molto diverse, e in questo articolo ci occuperemo principalmente di largo consumo.
Il coinvolgimento sensoriale prodotto dal food packaging è oggetto di studi raffinati e costosi, ma qui proponiamo una sintesi delle teorie e delle esperienze più recenti.
Una definizione di Food packaging: il cibo non è più nudo
Il food packaging definisce qualsiasi imballaggio, etichettatura e confezione di cibo o bevanda, sia esso destinato alla vendita in negozio e online o al consumo presso un ristoratore o alla sua distribuzione tramite delivery.
Quattro le funzioni fondamentali:
- Conservare correttamente e senza danni il prodotto e, in alcuni casi, permetterne la cottura o il riscaldamento
- Invogliare il cliente al consumo
- Informare il consumatore su quantità, qualità, metodi di produzione del cibo
- Creare un brand riconoscibile e memorabile
Il packaging alimentare, dunque, percorre contemporaneamente due strade, apparentemente opposte.
La prima punta al coinvolgimento sensoriale del consumatore, solletica inclinazioni istintive, parla, quasi letteralmente, alla pancia di chi acquista.
La seconda, al contrario, interpella il discernimento e la capacità di scelta consapevole, di lettura degli elementi che determinano la qualità nutrizionale del prodotto, e si confronta con una severa normativa.
Se si riesce a trovare una sintesi, il successo resta incerto, ma diventa molto più probabile.
Le nuove sfide: tecnologia, ambiente, mercato globale
Il comparto alimentare investe milioni di euro nell’elaborazione e nel rinnovo del packaging, per affrontare le sfide del settore e per rispettare tutte le regole nazionali e internazionali.
L’innovazione tecnologica, la crescente richiesta salutista e ambientalista del pubblico, le opportunità di esportazione nel mondo e, nel contempo, l’aumento dei competitor rappresentano e rappresenteranno sfide fondamentali per le aziende dedicate al largo consumo.
La frontiera dell’ecommerce
Il commercio elettronico coinvolge ormai in modo più che significativo anche i prodotti alimentari.
Su internet, i prodotti non possono essere manipolati e soppesati e il packaging diventa quindi uno strumento essenziale per catturare l’interesse del cliente e trasmettergli valori, contenuti e qualità del prodotto.
La maggior parte delle persone naviga su internet attraverso dispositivi dotati di piccoli schermi, che obbligano a scelte precise anche nella realizzazione grafica delle confezioni.
D’altra parte, il web costituisce una nuova vetrina, oltre che un formidabile canale di vendita.
L’appetito vien guardando: così il packaging influenza il consumo
Abbiamo detto che l’imballaggio degli alimenti serve a suggestionare positivamente i consumatori e nello stesso tempo a informarli.
La sua realizzazione deve essere però coerente con l’offerta alimentare e, soprattutto, riconoscere e interpretare in modo originale le tendenze del mercato.
Un packaging ben fatto, dunque, dovrebbe contemplare:
- Scelta di materiali adatti alla conservazione del cibo, senza rischi di deterioramento o di inquinamento del prodotto
- Facilità di consumo: sistemi di apertura e chiusura semplici e pratici
- Un brand caratterizzato da un logotipo personalizzato e riconoscibile
- Colori invitanti, che sappiano trasmettere valori e contenuti della proposta alimentare
- Tutte le informazioni previste dalla legge, scritte nella forma (dimensione dei caratteri, ordine di compilazione) legalmente corretta
- Attenzione allo smaltimento e alla riciclabilità del materiale di imballaggio
- Attenzione alla filiera di produzione e a eventuali indicazioni geografiche
- Evidenza di valori nutritivi o pratiche di lavorazione particolarmente richiesti dal pubblico: assenza di zuccheri, glutine, lattosio, conservanti e altri componenti; lavorazioni artigianali e manuali; presenza di prodotti molto richiesti: proteine, vitamine, ingredienti di moda
- Richiami a regimi alimentari diffusi, che comportano particolare attenzione nell’acquisto da parte del consumatore: diete vegetariane o vegane, ipocaloriche, o perfino legate a pratiche religiose
Tutti questi messaggi sono in equilibrio tra un coinvolgimento sensoriale ed emotivo, una informazione più ponderata e razionale e, naturalmente, il rispetto rigoroso delle leggi.
Proviamo ad analizzare questi aspetti suddividendoli in tre grandi categorie:
- Grafica e brand
- Materiali e imballaggio
- Leggi e regolamentazione
Grafica e brand
Il cibo è sostanza, ma la sostanza deve trasformarsi in un brand memorabile, riconoscibile, evocativo.
Gli strumenti sono quelli tipici del design, declinati però secondo le esigenze di un settore che ha caratteristiche uniche e inderogabili.
Colori e immagini
La scelta della grafica e dei colori non può essere totalmente indipendente dalla selezione dei materiali di imballaggio e dal tipo di confezione.
Per ragioni tecniche, naturalmente (sul cartone, per esempio, i colori risaltano in modo diverso rispetto alla plastica o a etichette patinate), ma anche perché è necessaria una coerenza complessiva.
L’industria alimentare tende a privilegiare una palette di colori caldi (rosso, arancio, giallo), perché esistono evidenze sperimentali che queste tinte, nelle loro diverse tonalità, sappiano risvegliare l’appetito.
Inoltre, le tinte squillanti si impongono meglio sugli scaffali dei supermercati e dei negozi.
Imballaggi in colori apparentemente grezzi (il marroncino del cartone, le tinte sporche della carta riciclata, lattine opache), però, evocano tradizione e artigianato, solleticano la nostalgia del consumatore per la genuinità dei prodotti del passato e testimoniano meglio la scelta di materiali facilmente smaltibili.
La gamma di azzurri e verdi comunica serenità e sicurezza, e può sposarsi bene a infusi naturali, bevande per il relax, dolci e altre raffinatezze.
Non bisogna escludere, inoltre, il potenziale richiamo a tradizioni regionali e nazionali. I biscotti al burro (tanto burro!) Walker sono confezionati in sacchetti rossi con una trama nera che evoca immediatamente il tartan dei kilt di Scozia, da cui infatti provengono, e li rende unici.
Illustrazioni e foto
La scelta delle illustrazioni, così come quella delle foto prevede un’analisi del target, il confronto con le scelte della concorrenza, l’individuazione del messaggio che si vuole mandare al consumatore.
Bisogna riuscire a tenere insieme:
- Originalità
- Chiarezza
- Coerenza
Il consumatore desidera solitamente vedere il cibo che sta comprando, e una finestra trasparente che lo mostri è spesso la migliore illustrazione possibile.
Anche questa può essere un’opportunità di design, come dimostrano le confezioni di RightRice. Si tratta di un riso biologico, in cui la finestra trasparente da cui si osserva il prodotto (in diverse colorazioni) somiglia a una ciotola di riso e, nel contempo, evoca il sorriso di un cliente soddisfatto.
Una promessa di tradizione, carica di colori e suggestioni esotiche.
Originalità e… tradizione
Il cibo e i comportamenti alimentari restano infatti uno degli elementi che caratterizzano un popolo.
L’Italia, per esempio, vanta ancora un attaccamento alle tradizioni e i consumatori sono sensibili alle produzioni nazionali e regionali.
La cultura locale deve essere presa in considerazione quando si desidera creare un brand e un packaging originale.
La produzione è sempre più veloce e massificata, le preferenze evolvono rapidamente e la richiesta di novità cresce in proporzione.
In questo contesto può diventare fondamentale aggiungere un tocco unico e personale, inaspettato, al proprio packaging, ma senza sfidare troppo le abitudini a tavola.
Packaging di lusso (ed edizioni limitate)
In alcuni settori del comparto alimentare si impongono con successo gli imballaggi di lusso.
Si pensi, per esempio, all’industria dolciaria o alla produzione di vini e distillati: bottiglie e scatole di cioccolatini sono spesso scelti come regali e devono comunicare valore ed esclusività anche da un punto di vista estetico.
Occorre essere più prudenti nell’applicare questa formula ad alimenti di consumo quotidiano, perché si rischia di creare una distanza dal consumatore e, per di più, di far levitare senza scopo i costi di produzione.
Il packaging in edizione limitata, invece, si può applicare anche a prodotti di largo consumo. Ne sono un esempio le lattine “special edition” di Pepsi e di Coca-cola, ma anche il recente esperimento con l’acqua minerale firmata da Chiara Ferragni.
Queste iniziative solleticano il mercato un po’ folle e ingovernabile del collezionismo, ma questo aspetto riguarda più spesso brand già affermati. Funzionano bene quando si appoggiano a congiunte iniziative di marketing e a coordinate campagne mediatiche.
Per colpire gli utenti, in ogni caso, non è sempre necessario alzare i costi di imballaggio, talvolta può bastare un’idea originale.
Idee originali: giocare con i clienti
Cercare di spiegare o, peggio ancora, insegnare l’originalità è quasi impossibile. Molto meglio darne qualche esempio: Chocolocuras è un marchio di diversi prodotti tra cui caffè e tartufi con gusti vari che vanno dal cioccolato al limone e all’arancia.
Il lavoro fatto sul packaging è davvero straordinario e, ovviamente, non immediatamente replicabile su qualunque tipo di business, ma segna una via, ispirata a un vecchio gioco di carte che molti di voi avranno sperimentato da bambini.
Una volta aperti, i tappi si possono far ruotare o anche scambiare tra le confezioni dando vita a creature fantasiose: squali con corpo da poliziotto e poliziotti su un corpo sexy in bikini.
Ecco un modo, in fondo neppure troppo complicato, di coinvolgere il cliente in un gioco e di invitarlo alla “collezione”.
Il cibo è un’esperienza piacevole e ben si presta all’abbinamento con la dimensione ludica.
La scelta di colori rispetta la preferenza per le tinte calde e accese: dal rosso all’arancio, passando per un testa di moro che evoca caffè tostato e cioccolato.
La coerenza dei colori e le illustrazioni autentiche fanno risaltare questo marchio e ne rafforzano l’identità sul mercato.
Versatilità del packaging
Il food packaging, non diversamente da altri prodotti, contiene solitamente un logo, prevede una scelta di colori e una selezione di font e immagini.
Il cibo, però, ha la particolare caratteristica di poter essere distribuito, per esigenze commerciali, in formati e dosi molto differenti.
Per esempio, il burro può essere venduto in panetti o in porzioni monodose destinate all’uso negli alberghi per la colazione, ma non solo.
Lo stesso si può dire di cracker, biscotti, formaggi, salumi e altro ancora. È dunque importante prevedere un’idea di packaging flessibile, capace di adattarsi a eventuali trasformazioni di formato e di distribuzione.
Si usa spesso come esempio virtuoso di questa preveggenza la marca di formaggio Philadelphia, per sua natura destinato a essere confezionato e proposto al pubblico in diverse confezioni, sempre ugualmente riconoscibili al primo sguardo.
Un aiuto al consumo online: codici QR
L’uso del QR code su etichette e confezioni è un ottimo sistema per non affollare di informazioni il packaging (come spieghiamo più avanti), ma lo stesso strumento è sempre più spesso adottato dalle aziende alimentari per facilitare e sollecitare il consumo di prodotti simili o analoghi su Internet.
Basta inquadrare l’immagine codificata con un’apposita App su cellulare e il cliente può immediatamente inserire altri prodotti nel carrello virtuale.
Materiali e imballaggio
La scelta dei materiali per il food packaging non può quasi mai prescindere dalle necessità di conservazione del cibo che dovrà contenere.
La plastica ha dominato a lungo il settore, ma le urgenti esigenze ambientali, oggi rivendicate proprio dai consumatori, potrebbero segnarne un rapido declino, o una radicale trasformazione.
Riciclo e ambiente: dove lo butto?
Le tendenze sono abbastanza chiare: un packaging eco-compatibile incontra il gradimento di un numero sempre più alto di utenti.
Le indagini di mercato segnalano, inoltre, che gli acquirenti online fanno attente valutazioni sugli acquisti e sono previdentemente sensibili a questo particolare.
Eco-compatibile significa anche semplice da smaltire per il cliente, spesso chiamato a complicate operazione di separazione tra diversi materiali che compongono le confezioni.
Molti bricchi di latte in tetrapak, per esempio, prevedono oggi un facile metodo per estrarre il tappo e consentire la divisione tra carta e plastica.
Uno degli obiettivi principali dovrebbe quindi essere la riduzione se non l’eliminazione delle parti in plastica.
Il rapporto Immagino sul 2021 ha fotografato una chiara preferenza per l’uso responsabile delle materie prime con cui prodotti e imballaggi sono realizzati.
Le aziende, in ogni caso, possono trarre vantaggi di bilancio evidenti dal ridimensionamento degli imballaggi.
Grazie ad alcune risorse tecnologiche, come QR Code o, semplicemente, l’appoggio a fonti di informazione quali siti internet e pagine social, si può risparmiare sulla stampa di istruzioni d’uso, ricette, informazioni aggiuntive sulla filiera produttiva.
Costi di produzione e trasporto
Se si desidera sposare un food packaging eco-compatibile, occorre valutare il suo impatto anche in termini di energia spesa per realizzarlo e per trasportarlo.
Il dibattito è aperto, per esempio, rispetto al confronto tra bottiglie di plastica e in vetro. Sembrerebbe ovvio che sia più ecologico il vetro, 100% riciclabile, ma non è così scontato.
Il vetro richiede più energia e pesa molto di più, quindi ha più costi di produzione e trasporto. Se il pet fosse interamente recuperato con un sistema capillare e conveniente di raccolta e riciclo, e non finisse in mare e nei fiumi, potrebbe perfino essere una soluzione più ecologica. Resterebbe però il problema della sua adeguatezza nella conservazione di cibo è bevande, senza rilascio, sia pure minimo, di sostanze potenzialmente dannose.
Inutile dire che i costi di produzione sono un elemento centrale anche dal punto di vista della sostenibilità del business. Il packaging finisce spesso per costare più del prodotto stesso.
Oggi esistono diverse soluzioni, tuttavia, che consentono di coniugare un confezionamento accattivante e un sostanziale risparmio.
Funzionalità e semplicità: come si apre?
La facilità di estrazione e consumo del prodotto è sempre molto apprezzata dagli utenti.
La necessità è particolarmente evidente per tutti quegli alimenti destinati a essere consumati direttamente nella confezione, ma non solo. L’uso dell’apriscatole è ormai quasi archeologia grazie alle linguette per il sollevamento dei coperchi di scatolette in latta.
La cosa migliore sarebbe infatti permettere di aprire le confezioni senza l’ausilio di nessuno strumento: forbici, coltelli, apribottiglie…
Questa ambizione, evidentemente, si deve confrontare con la necessità, prioritaria, di garantire una perfetta chiusura del prodotto per evitarne la contaminazione, la degenerazione o la manipolazione indebita.
Le informazioni sul food packaging: un obbligo o un’opportunità?
La legge precisa le informazioni che è necessario inserire sulle etichette dei prodotti alimentari.
Non solo, definisce anche le dimensioni minime dei caratteri con cui devono essere stampate e la gerarchia con cui sono da presentare al pubblico.
Per esempio, è obbligatorio descrivere tutti gli ingredienti che compongono un prodotto, e farlo per ordine decrescente, a partire da quello presente in maggiore quantità fino a quello in porzione meno significativa.
Non è obbligatorio, invece, segnare l’esatta percentuale di un ingrediente. Talvolta lo si fa a scopo promozionale (50% di frutta!), ma non è dovuto. In questo modo si preserva anche il segreto industriale ed è così che ancora oggi la ricetta della Coca-Cola resta segreta (o no?).
Ma oggi la trasparenza rappresenta un’opportunità molto più che un dovere, soprattutto per le aziende virtuose che hanno una storia da raccontare, un’innovazione da segnalare, un’attenzione ecologica e alimentare da sottolineare. Come si è visto, non è indispensabile affollare il packaging: può bastare un QR code, o un semplice link a una pagina internet.
Le informazioni obbligatorie
Ecco le informazioni che un’azienda alimentare deve obbligatoriamente inserire nell’etichetta, dunque sul packaging:
Data di scadenza e confezionamento.
Tabella nutrizionale. Vale a dire l’apporto calorico e le sostanze nutritive contenute nell’alimento: grassi, specificando quelli saturi; valore energetico espresso in chilocalorie (Kcal) e chilojoule (KJ); carboidrati, specificando gli zuccheri; proteine, fibre e sale. Tutto quantificato in quantità per 100 grammi o 100 ml di prodotto o porzione.
Stato fisico del prodotto: surgelato, concentrato, in polvere…
Allergeni: occorre fare riferimento alle tabelle ufficiali, ma i più noti sono lattosio, glutine, mandorle e frutta secca in genere, uova, e così via. Questi elementi devono essere indicati con font diversi ed evidenziati in grassetto.
Grassi vegetali: bisogna specificare gli oli o grassi vegetali presenti nel prodotto o usati per la preparazione, per esempio olio di palma, d’arachidi, di girasole, d’oliva, grassi idrogenati, polinsaturi…
Condizioni di conservazione e uso: in frigorifero o in freezer, a quale temperatura, per quanto tempo dopo l’apertura.
Indirizzo del produttore: via, numero civico, comune e nazionalità. Non si intende lo stabilimento di produzione (possono essere più di uno e in località diverse), che è invece facoltativo, ma fortemente consigliato.
Paese d’origine e luogo di provenienza: solo per alcuni alimenti quali olio extravergine di oliva, pesce e carne fresca, frutta e verdura, miele e conserve.
Dimensioni dei caratteri
I caratteri in minuscolo devono avere una dimensione minima di 1,2 mm per tutte le informazioni alimentari obbligatorie. Sulle confezioni la cui superficie non supera gli 80 cm quadrati, la dimensione minima non può essere inferiore a 0,9 mm.
Ma l’apparente gabbia degli obblighi può essere piegata al servizio della creatività e della comunicazione, usando un po’ di immaginazione. Gli esempi non mancano davvero e c’è chi ha saputo trasformare una informazione trasparente in originale bellezza. Per esempio…
Made Coffee: matrimonio geniale tra design e informazione
In Italia non è molto nota, ma Made Coffee è una bevanda distribuita in lattina e costituisce un esempio geniale di food packaging.
In contrasto con la scritta “coffee”, l’azienda ha optato per un rasserenante azzurro pastello opaco.
Le scritte hanno un’anima retrò, così come l’illustrazione che spiega, con chiarezza ed eleganza, il metodo di estrazione e produzione dell’infuso.
In questo modo si regala un’esperienza appagante da un punto di vista estetico e si conquista la fiducia dell’utente. Un binomio vincente!
Alcune tendenze contemporanee: minimalismo e retroguardia
Anche il food packaging è soggetto a mode, più o meno stabili, che hanno però quasi sempre solide basi analitiche.
La scelta di imballaggi, confezioni ed etichette minimaliste è molto diffusa e destinata a durare, perché corrisponde ad alcune esigenze di mercato ben radicate.
La semplicità di design coincide con l’idea inconscia di genuinità, di naturalità, di assenza di lavorazioni industriali invasive.
Gli stessi valori sono veicolati da un altro trend consolidato nella comunicazione del comparto alimentare: lo stile retrò.
Il richiamo a colori, decorazioni, font e stili del passato solletica nel consumatore la nostalgia per tempi ritenuti migliori, in cui si mangiava in modo più sano e naturale, a prescindere dalla veridicità di questo assunto.
È particolarmente adatto a prodotti di lunga tradizione (anche artigianale): dolci, conserve, infusi, pasta, riso e molto altro. Ma anche McDonald’s ha recentemente avviato un rinnovamento del proprio packaging che richiama tinte e grafiche anni 60.
Attenzione a non evocare nostalgie passate che siano oggetto di controversia (si pensi alla pasta Abissine, venduta dalla Molisana, oggetto di una campagna denigratoria sui social media).
Conclusioni
Il food packaging è fondamentale per il successo di un prodotto alimentare o di una attività di ristorazione. Non può essere il frutto di una improvvisazione e, a monte di tutto quanto scritto fin qui, c’è sempre un approfondito percorso di analisi di mercato, di budget, di target e di prodotto.
Occorre sempre ricordarsi che il design del packaging deve adattarsi alla forma e alle caratteristiche del cibo che conterrà, mai viceversa. La sfida per il designer, e per il produttore che fa la sua scelta, è proprio coniugare bellezza e funzionalità, al fine di esaltare il contenuto e distinguersi dalla concorrenza.